GUY CLARK (Keepers - A Live Recording)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

Guy torna all'indie Sugar Hill dopo la breve parentesi, solo due albums (ma uno splendido, «Dublin blues») con la major Elektra: e si tratta di un bel ritorno. «Keepers» è un album registrato dal vivo, alla maniera di Guy, in cui il texano rivede alcuni dei suoi classici, ben sostenuto da un accompagnamento elettroacustico. C'è il figlio di Travis al basso, Verlon Thompson alla chitarra, Suzi Ragsdale alla fisarmonica, Darrell Scott al mandolino, dobro e dulcimer e, buon ultimo, Kenny Malone alla batteria: tutti, escluso Kenny, si adoperano con le voci a sostenere il protagonista.
Uomo schivo e modesto, Clark ha sempre rifiutato l'etichetta di cantautore, ha preferito rifugiarsi nel proprio mondo, fare un disco quando ne aveva voglia (e quando aveva le canzoni) e crearsi così una piccola nicchia di mercato che, se non la farà mai diventare ricco, gli ha comunque permesso di diventare un musicista culto. «Keepers» è il suo primo disco dal vivo, dopo quel promo fantasma pubblicato alla fine degli anni settanta, che la Warner editò per spingere il suo protetto: ma, rispetto a quel disco, «Keepers» rappresenta quello che è realmente Guy dal vivo, quelle che sono le sue canzoni, le sue atmosfere, la sua interiorità, la sua anima.
Autore dotato di una vena ricchissima, Clark è spesso avaro persino con sé stesso, e misura le canzoni quasi come le parole: non si esprime molto, anzi lo fa con un certo distacco. Il suo sguardo malinconico ed i capelli, ormai ingrigiti, contribuiscono a scrivere la sua leggenda: la sua musica riflette sia il suo stato fisico che quello interiore. Ballate dense, profonde, sfiorate dalla tradizione, con la musica country che si infiltra lentamente nei solchi, ma con lo spirito libero del cantautore di vaglia che esprimere a piena voce il diritto di esistere ed operare. Quindici brani, per quasi settanta minuti di musica, quindici canzoni che rappresentano una vita, uno spazio temporale di oltre venti anni.
Clark infatti ripercorre il suo passato, regalandoci nuove versioni, suonate in punta di dita con un gioco continuo di strumenti, di classici quali «L.A. Freeway», «Texas 1947», «Like a coat from the cold», la splendida «The last gunfighter ballad», «She ain't going nowhere», molto bella, «South coast of Texas», dai forti sapori del border, «That ole time feeling», «Let him roll», «Texas cookin'», «Heartbroke», sino all'apoteosi finale di «Desperadoes waiting for a train». Per Guy il tempo si è fermato: avete voglia di smettere di correre e di restare un'oretta ad ascoltare le sue storie? Se lo fate non perderete il vostro tempo. Il fascino di Clark è quello di sempre, la voce un po' più rugosa, ma il vecchio texano ha sangue vero nelle vene.