Ecco un'altra storia a lieto fine. I
Bottle Rockets sono infatti solo l'ultimo dei vari gruppi del cosiddetto movimento «Insurgent Country» (ma il termine comincia ad essere un pò restrittivo) ad approdare ad una Major, dopo i casi di Son Volt, Whiskeytown, Backsliders, Big Back Forty, etc.
C'è da dire però che il debutto «adulto» di Brian Henneman e soci (Tom Parr, Tom V. Ray e Mark Ortmann) è stato in forse fino all'ultimo: infatti la Atlantic, che aveva messo gli occhi su di loro dopo il loro precedente album («
The Brooklyn Side», il secondo, che vendette l'interessante cifra di 41.000 unità) ha tentennato fino all'ultimo prima di accettare i nastri di questo nuovo sforzo «
24 hours a day», acconsentendo poi alla pubblicazione, con grande sollievo del quartetto di St. Louis. Beh, non possiamo che dare atto alla Atlantic di avere fatto la scelta giusta, in quanto «
24 hours a day» è davvero un gran bel disco di rock americano, ben prodotto (l'ex Del-Lords Eric «Roscoe» Ambel) e zeppo di composizioni di prima qualità, con le ombre di John Mellencamp, Bob Dylan, Merle Haggard e Dan Stuart dietro il pentagramma.
Henneman e compagni sono dei signori musicisti, ed il disco è suonato e cantato con gusto, feeling ed amore per le radici, oltre ad essere uno dei migliori prodotti ascoltati negli ultimi tempi: nei prossimi mesi sono annunciati i nuovi albums di Dylan, Joe Ely, Steve Earle, Rolling Stones e Paul Simon, dischi importanti, certo, ma sarebbe un peccato se distraessero l'attenzione dai
Bottle Rockets e dal loro «
24 hours a day».