JESSE DAYTON (Tall Texas Tales)
Discografia border=Pelle

             

  Recensione del  31/01/2004
    

Sì rifà vivo Jesse Dayton, un altro texano cloc (è nativo di Beaumont), dopo un'assenza abbastanza prolungata. Jesse, dopo una dura gavetta, esordì diversi anni fa a capo di un trio, The Road Kings, che pubblicarono un solo disco, oltre a suonare una serie infinita di concerti, mentre come solista ha già pubblicato un album più di recente, ma non ha mai smesso di esibirsi. Ha suonato con la crema dei musicisti texani e non, come Willie Nelson, Merle Haggard, Waylon Jennings, junior Brown, George Strait, Lucinda Williams, Ray Price, BR5-49, Chris Isaak, ed anche con alternativi come Mike Ness. Inoltre è uscito spesso e volentieri dai confini texani, girando l'America per due volte e venendo anche in Europa. Tutto ciò ha contribuito certamente a farlo crescere sia come autore che come musicista e, ascoltando il suo nuovo lavoro Tall Texas Tales, non posso che apprezzare i passi avanti che l'enorme bagaglio di esperienza accumulato gli ha permesso di fare.
Come suggerisce il titolo, Dayton racconta storie texane, con il passo ed il feeling tipici del Lone Star State, anche se la sua musica non disdegna incursioni nel blues, nel country puro alla George Jones (che, comunque, è anch'egli texano), nel folk e persino nel dixieland. Un disco ben suonato e ben prodotto (non c'è Lloyd Maines alla consolle, ma l'album è ugualmente privo di sbavature): Jesse si circonda di sessionman dai nomi poco noti, ma dalle capacità indiscutibili.
Dodici brani, circa quaranta minuti di musica. Never turned my back on you è un velocissimo bluegrass elettrico dalla melodia di stampo tradizionale, con assoli a raffica di banjo, steel e chitarra acustica. Inizio travolgente. Every now and then è un country rock di buon impatto e con un bel refrain; jumped head first, tra blues e country, non può che essere opera di un musicista maturo, oltre che texano al 100%: breve talkin' introduttivo, poi via con il ritornello, elettrico e pulsante. Creek between heaven and hell è un ottimo honky tonk d'altri tempi, con Dayton che canta con voce molto espressiva; Harris County blues è un country'n'roll molto saporito, Molasses girl è quasi un brano old time, con banjo, tuba e clarinetto, e non sarebbe dispiaciuto a quel burlone di Leon Redbone.
Il disco funziona, ha feeling da vendere, ritmo e idee: Dayton ha un grande rispetto per le tradizioni, e se ne serve per costruire dei brani molto godibili che stanno in piedi con le proprie gambe. Arkansas chrome è una perfetta bar-room song, One year, three months, a week to the day ha influenze appalachiane, Old faithful è puro country, ma che non ha nulla a che vedere con la melassa di Nashville. L'album si chiude con la dolce e classica Angels touch, The room full of blues e Blackjack ambedue con un accompagnamento degno di Johnny Cash. Questi texani su cui contare cominciano ad essere tanti, ma noi non ci stanchiamo di certo.