DAVE ALVIN (Blackjack David)
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  Recensione del  30/01/2004
    

Dave Alvin, dopo essere stato membro attivo nei Blasters, nel corso della sua carriera solista è cresciuto moltissimo sia come performer dal vivo, come dimostra l'eccellente Interstate City, che come autore. Già nell'ambito della band californiana Dave era la mente compositiva, mentre Phil, che ha sempre voluto essere il leader, era quello che faceva quadrare il cerchio, cioè l'arrangiatore. I due, assieme, formavano una coppia formidabile, ma, una volta separatisi, solo Dave ha dimostrato il suo reale valore, mentre Phil ha perso via via contatto con lo show biz e, talvolta, anche con la realtà. Peccato. Per i Blasters. (Ps: per chi fosse interessato The Blasters hanno appena edito una cassetta dal vivo, un bootleg legalizzato, che si può richiedere mandando 15 dollari a: Blasters, P.O. Box 14354 Long Beach, Califomia 90803).
Blackjack David è il sesto album come solista di Dave, in undici anni di lavoro. Alvin viene dalla classe lavorativa, è un blue collar del rock, e la sua visione molto popolare è sempre legata alla realtà quotidiana. È cresciuto molto, più a livello di esecutore, mentre come autore già dava il meglio di sé quindici anni fa: rotta la partnership col fratello, molto più bravo di lui nell'arrangiare, ci ha messo un po' a trovare le esatte misure ma ora, a 42 anni, è diventato un musicista completo. Come dimostra Blackjack David. Questo album è il disco più riuscito, escludendo il live che è una storia a parte (Dave dal vivo è una belva.....) tra le registrazioni di studio e supera l'ottimo esordio del 1987, Every Night About This Time (in Usa Romeo's Escape) e King of California, che, a parere dell'autore, rimane il suo disco migliore (ma quando ha stillato questo giudizio Blackjack David era ancora da venire). E , proseguendo sulla linea elettroacustica di King Of California, questo nuovo lavoro continua ad esplorare le radici americane, dal blues a Woody Guthrie, dal country al soul. Tra i vari musicisti coinvolti troviamo membri della band di k.d.lang, The Guilty Men (la band di Dave), il ritrovato Dillon' O' Brian e Brantley Kearns, già con Bromberg e Yoakam.
Blackjack David, la canzone , è un brano dal tessuto acustico e dalla indubbia forza epica. Già al primo ascolto ho avuto un tuffo al cuore. Canzone evocativa e piena di nostalgia, è la rielaborazione di un noto tradizionale che anche gente dello stampo di Woody Guthrie e Cisco Houston aveva nel suo repertorio. Alvin, con uso di chitarre acustiche e modulando la sua voce con il cuore, riesce a creare una particolare atmosfera che ci riporta indietro di sessanta anni, al periodo della grande depressione.
Lo spirito di Woody sorride compiaciuto. Abilene è una ballata dal sapore country, elettrica e diretta, che rammenta i Blasters. Motivo orecchiabile, ha una struttura semplice, ed un ritornello che entra subito in testa: la semplicità, questa è la formula di Dave, fa della canzone un brano che, dal vivo, entrerà certamente nel cuore dei suoi fans (era già nella scaletta dell'ultimo tour italiano). New Highway è un country blues elettroacustico influenzato dall'amicizia che Dave ha con Kelly Joe Phelps. Il nostro si rifà a Mississippi John Hurt, alle radici della musica, e cava dal suo cilindro una canzone ovvia ma di sicuro impatto. Il gioco di chitarre, Dave e Greg Leisz, la ritmica sciolta, rendono la canzone fresca e lineare. California Snow è evocativa e malinconica.
Dave, accompagnato da Dillon O' Brian all'harmonium e dal basso pulsante di Dave Jackson, ci regala una composizione d'autore, una ballata che sa di provincia, di strade che si perdono nell'orizzonte, di America marginale. Una di quelle canzoni che nascono dall'anima e che entrano dritte nel cuore, scritta in collaborazione con Tom Russell. Evening Blues è splendida. Il suo fingerpicking sta tra Kottke e Cooder, e la ballata, ancora molto roots oriented, è abbellita dalla fisarmonica (ancora Dillon O' Brian), e dal perfetto gioco delle due chitarre acustiche, mentre sventagliate di basso fanno da riempitivo. Solo un autore di vaglia è in grado di scrivere brani di questa portata, che stanno a cavallo tra attualità e tradizione.
Come Joe Ely anche Dave Alvin è un cantore della sua terra, un autore che sa rievocare con passione e fervore le proprie origini e che le trasmette con una musica in grado di toccare qualunque corda. Brano di grandi emozioni Evening Blues segna il disco: di canzoni di questo livello, in capo ad un anno, se ne ascoltano ben poche. The way you say goodbye è, per contro, un rock blues elettrico, asciutto e diretto. Musica scevra da personalismi, in questo caso volutamente deja vu (è vicina a certe cose dei Blasters): è l'unico brano in cui il protagonista suona l'elettrica.
Mary Brown è un altra grande ballata: voce profonda, bel gioco di chitarre, il piglio del folksinger, l'anima di Woody ed il cuore di Dylan. E Dave, indomito e serio, continua a crescere. Non era facile superare la bellezza di King of California, ma Dave ce l'ha fatta: se in quel caso le canzoni erano per lo più già conosciute (infatti quel disco è una rielaborazione in chiave unplugged di brani già noti), qui il gioco si faceva più difficile e rischioso, in quanto i brani sono tutti nuovi. Altra canzone che segna il disco. Laurel Lynn è abbellita dalla fisarmonica di Chris Gaffney, dal violino di Brantley Kearns e dalla sfide di Leisz: tra blues e zydeco, ma con un tocco accentuato di rock, la canzone, sempre dalla struttura elettroacustica, gioca le sue carte sul ritornello e sul gioco dei vari strumenti. 1968 è il quarto brano che mi ha fatto sobbalzare.
Intro acustico, piglio folk, cantato alla Woody Guthrie e canzone degna di tale paternità. Dave, ben coadiuvato dal bravissimo Leisz e dal violino di Kearns, compone una ballata molto epica che ha il sapore delle cose di una volta. Fiera e orgogliosa, 1968 è una canzone epocale. From a Kitchen Table si basa ancora su un gioco di chitarre, ma non è più legata alle radici come la precedente: in questo caso Alvin fa il cantautore, usa la voce in modo molto confidenziale, e porta a termine un brano avvolgente, una tipica story-song, abbellita dall'uso di un clarinetto. La sezione ritmica e l'organo di Doug Wieselman rempiono alla perfezione l'atmosfera. Chiude il disco Tall Treesi