TERRY ALLEN (Pedal Steal/Rollback)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

Due dischi in un mese, dopo sei anni di silenzio! Terry Allen è un personaggio atipico, questo è fuori di dubbio, è un originale ed un talento, ma è anche un musicista anarchico che se ne frega di tutto e di tutti. Lo dimostrano queste due recenti pubblicazioni; una antologia di inediti e la raccolta di due lunghe pieces scritte per spettacoli teatrali o film. Se «The silent majority» è un disco tipico nella produzione del nostro: musica texana, ballate sapide, suoni tex-mex e strumenti orientali, testi arguti; «Pedal steal» è decisamente spiazzante.
Il disco contiene due cose completamente diverse (o complementari?): «Pedal Steal» è una lunga suite di circa 35 minuti in cui canzoni evocative si mischiano ad atmosfere messicane, voci indiane al tipico parlato americano, strumenti classici a sassofoni notturni. È un brano di difficile classificazione (la sua incisione risale al 1985): va sentito a lungo, perché complesso nella sua struttura, con strumenti che vanno e vengono e il parlato che spesso diventa protagonista.
È un raccolto di frontiera che congloba elementi tipici della musica di Allen con motivi tradizionali molto evocativi: Butch Hancock presta la sua voce, Richard Bowden e Lloyd Maines il violino e la pedal steel, Bobby Keys e Don Caldwell i sassofoni. La suite scorre in modo lineare, con canzoni splendide, momenti molto evocativi, melodie struggenti, attimi di pausa, voci allo scoperto, steel guitars sinuose e percussioni spagnoleggianti. Trovo a fatica le parole per descriverla: «Pedal steal» è senza dubbio una piece non facile da assimilare, va sentita e risentita: ma se superate il terzo ascolto, vi sfido a togliervela dal cervello. «Rollback» è, al contrario, una raccolta di brani e la sua incisione risale al 1988. «Fanceline», con una chitarra elettrica in evidenza, è uno strumentale abbastanza anonimo. «Rodar parar Atras» è una splendida composizione messicaneggiante: chitarra arpeggiata, maracas, fisarmonica, tromba messicana.
È un brano strumentale, malinconico ed evocativo, di una bellezza struggente. «Rollback» e «Home on the range» sono anche su «The silent majority»: bella la prima, splendida la seconda. «Figure ate» è un esercizio percuttivo, lungo e ripetitivo, mentre «Further away» e «French home» sono le due composizioni che concludono il lavoro. Cantate entrambe: la prima con il piano, una batteria forte e molte voci in evidenza, è una melodia tipicamente Allenianana.
La seconda, cantata da Denise Brissey, è la trasposizione di un traditional del 1800 (almeno per quello che riguarda la melodia) ed è servita solo da una fisarmonica. «Pedal steal» è grande, mentre «Rollback» è un riempitivo intellettuale. Non è comunque un disco di facile assimilazione.