MICHAEL McDERMOTT (Ashes)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  15/10/2004
    

Dopo un periodo di relativa incertezza, costellato da piccoli esperimenti in proprio e autoproduzioni, torna a farsi vivo Michael McDermott, non con un raccogliticcio compendio di prove ed abbozzi, bensì con un nuovo album perfettamente all'altezza delle sue cose migliori. Ashes, cioè "ceneri", rappresenta una riflessione ora lieve ora disperata su quello che resta, così come di una sigaretta rimangono soltanto le braci; un album dedicato con vivida partecipazione alle strade che finiscono nel nulla, agli amori passati e svaniti, agli affetti dei tempi andati, agli orizzonti di una ricerca interiore ("ho dovuto girare il mondo, per trovare la strada di casa") che è sì quella dell'autore ma potrebbe appartenere a ciascuno di noi.
Il suono costituisce un'esaltante sintesi tra l'ingenuità folk-rock dell'esordio 620 W. Surf (1991), l'epica alla U2 del successivo Gethsemane ('95) e le corpose fattezze mainstream del sottovalutato Last Chance Lounge ('00): troppa la voglia di rock'n'roll viscerale, di grandi canzoni, di un trasporto incontenibile che si snocciola nota dopo nota per non considerarlo fin da ora tra le cose più belle ascoltate in questo 2004. I pezzi più tirati, che negli ultimi tempi sono quelli dove un po' tutti rischiano di essere più banali, catturano all'istante.
L'iniziale Arm Yourself, con la sua grandeur ritmica anni '80 e un raddoppio di cori da pelle d'oca nel travolgente ritornello, traccia le coordinate di un rock'n'roll onesto, diretto, privo di fronzoli o compiacimento; coordinate poi riaffioranti nei riferimenti biblici di una Hellfire In The Holyland nella quale è impossibile non leggere un accorato commento all'intervento USA in Iraq, nell'atmosfera gotica di Dance With Me e, soprattutto, nella spettacolare Darkest Night Of All, robusta cavalcata a chitarre sguainate che coniuga l'urbana raucedine di Matthew Ryan con il pathos di Bono, gli effetti del migliore The Edge con l'insofferenza gridata dei Replacements.
Bellissime sono anche Hold Back A River, pop rock tirato a lucido e collocato da qualche parte tra Byrds e Tom Petty, le saette d'armonica di una Sword Of Damocles che avrebbe potuto scrivere un Freedy Johnston allo zenith dell'ispirazione (con annessa graditissima citazione da John Fante), il valzer newyorchese di Everything I Got (col pianoforte a condurre le danze) e quel frammento spicciolo di Jersey-sound fiatistico e ballabile che si chiama Gonna Be Good.
Non che il resto valga qualcosa in meno, beninteso: l'immensa One Way To Go è una di quelle ballads sofferte e visionarie che Bob Dylan o Van Morrison non compongono da troppo tempo, i tocchi modernisti di Can't Sleep Tonight evocano come meglio non si potrebbe l'umidore notturno e solitario di un boulevard bagnato dalla pioggia, Grace Of God e la conclusiva Around The World risuonano - l'una alla chitarra, l'altra al piano - acustiche e toccanti. Ashes, purtroppo, lo si può comprare soltanto sul sito di Michael, ma se il rock'n'roll rientra tra le vostre priorità sapete già da ora di non poterne fare a meno. Compratelo, regalatelo, diffondetelo. E non dimenticatevi di alzare il volume.