MICHAEL McDERMOTT (Last Chance Lounge)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Così come c'è stata una serie di Nuovi Dylan che in uno dei periodi più incompresi dell'originale ha trovato spazio e coraggio, anche Bruce Springsteen ha avuto la sua bella schiera di emuli, imitatori o semplicemente musicisti da lui ispirati. A metà degli anni Settanta, circa, chiunque poteva diventare un Nuovo Dylan e non era necessario chiamarsi Elliott Murphy, Steve Forbert, John Prine o Dirk Hamilton. Bastava avere una chitarra acustica e un'armonica al collo per trovarsi il classico da firmare sul cofano, in un parcheggio. Capitò persino a Springsteen.
All'inizio degli anni Novanta, mentre il Boss di dimenava tra questioni familiari e residenziali, lasciando libera la E Street Band, arrivarono Will T. Massey (con un disco formidabile che però non ha purtroppo avuto seguito), Doc Lawrence (scomparso nel nulla), Robert Vaughn (idem come sopra) e Michael McDermott con 620 W. Surf. Pur attingendo alla tavolozza di tmmmu Springsteen (Will T. Massey era prodotto da Roy Bittan, Doc Lawrence da Chuck Plotkin, da anni il tecnico preferito del Boss) i ragazzi avevano dimostrato di conoscere abbastanza il vocabolario del rock'n'roll per mettere insieme materiale sufficiente per dischi più che dignitosi. 620 W. Surf, l'esordio di Michael McDermott era, con l'omonimo esordio di Will T. Massey, il più interessante: ballate tra Nebraska e il paradiso, belle chitarre, una voce convincente, quel tanto di rock'n'roll da farti saltare sulla sedia.
Un bel disco finito in fretta nei fondi di magazzino. Un contratto andato a prendere polvere. Un secondo album, Getsemani, troppo mistico e inconcludente e per Michael McDermott si è aperta ben presto la via dell'oblio. La bella notizia arriva proprio con Last Chance Lounge: una ritrovata voglia di cantare (sentire la grinta di Getting Off The Dime), una rispolverata a temi non proprio biblici (Murder On Her Lips, Bourbon Blue, Junkie Girl), l'armonica sventolata con il pianoforte nemmeno fosse Thunder Roacl (Broken Down Fence, bellissima), una produzione rock'n'roll d.o.c. (Joe Harcly), l'aria di Memphis e degli Ardent Studios e il gioco è fatto.
Se poi ci aggiungente un altro paio di canzoni con il tiro che distingueva 620 W. Surf (soprattutto Unemployed, una working class song come non se ne sentiva da tempo, ma anche Spark) scoprirete che Last Chance Lounge è un disco per cui i soldi non sono buttati via. E poi che Michael McDermott non è né il novello Boss e nemmeno un predicatore in chiave discografica, ma un onesto rock'n'roll songwriter a cui Last Chance Lounge può offrire e offrirci qualcosa in più per il futuro. Bentornato.