P.J. O'CONNELL (Dream Life)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  31/01/2004
    

La scena della Carolina Del Nord è sempre stata ricca di idee e di talenti. Pochi di Voi, ma qualcuno sicuramente, si ricordano di un disco uscito qualche anno fa, un disco dal suono teso ed elettrico, ma con echi byrdsiani: Desi dei Flying Pigs. PJ era il leader di quella formazione, ed ora debutta come solista con un progetto ambizioso e molto particolare. Infatti Dream Life ha una peculiarità unica, l'uso in gran copia delle chitarre elettriche e lunghe code strumentali in diverse canzoni. Di chitarre questo disco ne ha parecchie: PJ, Bill Mc Carthy (già nei Flying Pigs) e Mike Krause (ex Two Dollar Pistols).
Completano il quadro due veterani come Dan Davis & Jack Cornell, la sezione ritmica, quindi l'ex Woods (ha già tre dischi all'attivo come solista) Terry Anderson, il pianista Wes Lachot e Jeff Carlson dei Gladhands. La peculiarità del disco, un crossover di Americana e di sano rock and roll alla Dave Edmunds, sta proprio in quelle code strumentali che allungano alcune canzoni, facendole uscire dal seminato del classico suono Americana. Cinquanta minuti di musica solida, elettrica, spruzzata leggermente di pop (alla maniera dei Rockpile di Edmunds e Lowe), ma con interventi di steel guitar e violino, tanto per rimanere in tema alternative country.
Un suono classico e fluido, che lascia molto spazio alle parti strumentali, mentre la voce mobile di O' Connell traccia le sue linee melodiche. Ci sono analogie con il recente disco di Brian Waldschlager, un altro che coniuga roots rock e chitarre vibranti, pop ed Americana. La triade magica del disco è incentrata sui brani New Orleans, Nashville e The Dakotas, con gli ultimi due che sono dei chiari omaggi a Gram Parsons e John Lennon, dove le jam strumentali concludono alla grande ogni canzone, che sia rock, oppure country, questo non importa. Altra canzone di vaglia è la ripresa di Angel 10/11, il brano migliore del disco dei Flying Pigs, riveduta e corretta in una versione rock 'n' country aggressiva.
Poi ci sono solidi brani rock come Giving Up on You e The Hardest Job in the World (Dave Edmunds la farebbe sicuramente sua, ma di recente ha dovuto subire un'operazione al cuore), per arrivare alle composizioni finali. Il traditional The Wayward Wind è rifatto con piglio rockabilly: chitarre e via, la nota melodia che viene trafitta dal ritmo, con Mc Carthy che dardeggia facendo coppia con un violino, quasi fosse il chitarrista del trio rockabilly di Johnny Burnette. Elisabeth ed Anymore chiudono un disco assolutamente diverso.