JON DEE GRAHAM (The Great Battle)
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  Recensione del  21/10/2004
    

Con The Great Battle Jon Dee Graham continua l'osservazione sulla complessità delle relazioni e responsabilità umane attraverso undici canzoni di provato stile cantautorale. Mischiando elettrico e acustico e appoggiandosi in modo monotematico sui suoni e sui tempi della ballata, Jon Dee Graham prosegue il discorso iniziato nel 1997 con Escape From Monster Island e proseguito con Summerland e Hooray For The Moon ovvero dar vita a una canzone d'autore personalizzata, triste e intimista, poco texana nei modi e nei fatti, costruita con pochi strumenti attorno a una voce significativa, rauca, bassa e vetrosa che ricorda il Tom Waits più melodico.
Gli bastano le proprie chitarre, quelle di Mike Hardwick, il basso di Andrew Duplantis e la batteria di Jason White ovvero la propria touring band più la produzione e qualche intervento strumentale di Charlie Sexton per arrivare al cuore di una musica malinconica e introversa che non disdegna qualche secco colpo di rock n'roll ma è più che altro una litania sulla difficoltà dei rapporti umani, sull'illusione della verità, sulla ricerca di un raro bagliore di luce.
Le undici canzoni di The Great Battle sono un po' lo specchio del mondo di oggi, delle amarezze e delle assurdità che ci circondano e quindi suonano in bianco e nero, tristi e malinconiche secondo uno stile che privilegia la ballata e un cantato monocorde e ombroso. I dischi di Jon Dee Graham suonano tutti in questa maniera e trasmettono un senso di solitudine che a tratti è rassegnazione. Jon Dee Graham è un texano anomalo, pur contando su un passato roots-punk (The Skunks e True Believers) i suoi modi sono tutto fuorché il consueto bagaglio di rock/country/blues texano e questo è un bene perché di texani da un po' di tempo se ne hanno le palle piene e fa piacere sapere che c'è qualcuno, da quelle parti, che sta tentando una strada diversa.
Jon Dee Graham è un outsider, non ha bandiere e sembra più vicino al Tom Waits dei vecchi tempi che ai cowboy dei roadhouse, le sue canzoni impongono una riflessione più che una evasione e alla fine si apprezzano proprio perché sono introverse e smuovono le certezze. Un torpore autunnale avvolge l'ascolto di The Great Battle e in qualche momento si desidera qualcosa che scuota e ristabilisca il senso del rock. Se Dee Graham riuscisse ad evitare questo effetto aggiungendo un paio di colpi elettrici mancini e una ballata memorabile farebbe il capolavoro della sua discografia, un disco da quattro stelle per intenderci. In attesa di ciò apprezziamo The Great Battle per quello che è, ovvero un buon disco di ballate a metà tra l'acustico e l'elettrico che scaldano il cuore e fanno pensare.
Da appuntarsi i melodiosi interventi della pedal steel di Hardwick, la presenza di Patty Griffin in The Great Battle e in Somethin' To Look Forward To e le cover del traditional Lonesome Valley e di Harvest di Neil Young, i due momenti più eccitanti di tutto The Great Battle.